Siamo circondati da volti curati, filtri perfetti e identità visive costruite al pixel. Sui social, l’immagine personale è diventata un capitale: influencer e creator monetizzano il proprio aspetto, costruendo comunità e carriere su ciò che mostrano.
Ma cosa succede corpo che ti rappresenta cambia, si deforma e ti allontana non solo da quella che eri, ma anche da ogni standard?
Questa è la storia di Mary Ann Bevan, etichettata come “la donna più brutta del mondo”, ma che in realtà ha usato la propria immagine non per vanità, ma per sopravvivenza.
Una storia che mette in discussione cosa chiamiamo bellezza, e a quale prezzo possiamo – o dobbiamo – venderla.
Mary Ann Bevan
Nata nel 1874 a Londra, Mary Ann era un'infermiera, madre di quattro figli e moglie felice. La sua vita cambiò radicalmente quando, dopo i trent'anni, sviluppò l'acromegalia, una malattia che deformò il suo volto e il suo corpo. Questa patologia, causata da un tumore benigno dell’ipofisi, si manifesta con una deformazione del volto, una crescita smisurata delle mani e un forte cambiamento persino nella voce. È una condizione molto rara, colpisce circa 60 persone su un milione.
La malattia è lenta, ma inesorabile e irreversibile, il viso di Mary Ann comincia a cambiare completamente, a snaturasi. La sua mascella diventa sporgente, assieme alla sua fronte. Le sue mani e i suoi piedi si ingrossano e Mary Ann non può più riconoscere l’immagine di se stessa allo specchio.
Per di più, nel 1914, Thomas, suo marito, muore inaspettatamente e lei rimane vedova. È sola con quattro figli. E Il suo aspetto, ormai segnato dalla malattia, le impedisce di continuare a lavorare come infermiera.
La società infatti, la rifiuta, I pazienti la evitano. I vicini la deridono. Nonostante l’informazione scientifica dell’epoca, le persone con dismorfie venivano medicalizzate nei testi, ma disumanizzate nella società, proprio come scrive la storica Nadja Durbach (2009).
Mary Ann quindi, responsabile della sua sopravvivenza e di quella dei suoi figli, decide di cambiare la narrazione della sua storia e trasformare un’incertezza, un fatto orribile accaduto, in qualcosa di monetizzatile. Sfrutta la sua malattia, la disgrazia di essere diventata diversa da quella che era e nel 1920 partecipa ad un concorso per “la donna più brutta del mondo” e diventa una star del circo e dello spettacolo The Greatest Show on Earth, ricorda qualcosa?
Nei manifesti che promuovono gli show, viene descritta così:
> "She’s real. She walks. She talks. The Ugliest Woman Alive."
Nel film The Greatest Showman, che richiama appunto i manifesti dell’epoca, i cosiddetti “fenomeni” sono raccontati con orgoglio, come simboli di accettazione. Ma attenzione: la versione romantica del film non racconta tutto. Qualche anno fa ho interpretato il ruolo della donna barbuta in un musical ed entrare in quel personaggio è stato veramente difficile.
Ascolta tutta la sua storia su Spotify.
Riflessioni sulla bellezza
Come sottolinea Naomi Wolf nel suo libro Il mito della bellezza, la società spesso utilizza la bellezza come strumento di controllo sulle donne.
“La bellezza non è universale né oggettiva. È un codice culturale, una costruzione del potere.”
Roger Scruton, nel suo saggio La bellezza, esplora il significato profondo della bellezza e come essa influenzi la nostra percezione del mondo.
Georges Vigarello, in Storia della bellezza, analizza l'evoluzione dei canoni estetici dal Rinascimento a oggi, evidenziando come la bellezza sia un concetto mutevole e influenzato dalla cultura.
Mai più di adesso, la bellezza dipende dallo sguardo di chi osserva, ma oggi tutto è spettacolo: l’estremo, il perfetto, il diverso. Ogni corpo può diventare contenuto ed essere monetizzato. Mary Ann Bevan lo ha fatto quando non aveva scelta, trasformando la sua immagine in sopravvivenza. Oggi, per fortuna, c’è una differenza fondamentale: possiamo raccontarci, non solo farci guardare. Non siamo più solo “fenomeni” da esporre.
Si parla tanto di “personal branding”, “body positivity”, “diritto all’immagine” e già allora, Mary Ann era dentro a una economia della visibilità. Un’economia dove l’umiliazione diventava profitto.
Secondo la storica Nadja Durbach, nel suo libro “Spectacle of Deformity: Freak Shows and Modern British Culture”(2009), l’esibizione del diverso serviva a rinforzare il senso di “normalità” dello spettatore. Mary Ann diventa uno specchio distorto per far sentire “giusto” chi la guardava.
Deep Beauty: la mostra che fa riflettere sulla bellezza
Dal 5 aprile al 25 maggio 2025, il MUDEC Photo a Milano ospita la mostra Deep Beauty. Il dubbio della bellezza, un’esplorazione visiva e concettuale dell’evoluzione dell’idea di bellezza.
Puoi immergerti nella mostra anche virtualmente, a questo link.
Curata da Denis Curti e ideata dal team creativo di Ogilvy Italia sotto la direzione artistica di Giuseppe Mastromatteo (Presidente e CCO), l’esposizione è realizzata con il sostegno di KIKO Milano e la collaborazione di MUDEC, Comune di Milano e 24 ORE Cultura.
A rendere unico l’allestimento è anche il contributo dell’artista Paolo Ventura, che ha curato la parte grafica della mostra.
L’ingresso sarà gratuito e il pubblico potrà ammirare oltre sessanta opere tra fotografia, videoarte e creazioni generate con intelligenza artificiale, firmate da grandi nomi dell’arte contemporanea come Marina Abramović, David Hockney, Michel Comte, David LaChapelle, Michelangelo Pistoletto, Helmut Newton e Robert Mapplethorpe. 60 opere di grandi artisti e fotografi italiani e internazionali saranno inserite all’interno di un percorso diviso in sei sezioni - Trasfigurazioni, Incanti, Vertigini, Labirinti, Nuovi Mondi, Artifici - che esplora le declinazioni della bellezza e delle sue trasformazioni contemporanee, dall’inizio del XIX secolo ad oggi.
Una mostra che invita a riflettere: cosa chiamiamo bello oggi? E soprattutto, perché?
A ciascuno di noi poi i dovuti collegamenti all’era della iper-esibizione dell’immagine.
Libri & Link
Il mito della bellezza | Vanity Fair
La bellezza | Vite e pensiero
Storia della bellezza | Unilibro
Muoviti & Vestiti


🩰 MUOVITI
Simmetria viva
Due parti del corpo, un solo gesto. Il punto esatto in cui danza e geometria si incontrano. La forza di questa immagine è nella simmetria mobile: non è statica, non è artefatta. È costruita sul movimento, sull'equilibrio dinamico. Come nel corpo umano, la bellezza nasce dall’armonia, non dalla perfezione.
“Non tutto ciò che è simmetrico è bello. Ma ogni gesto bello ha una sua simmetria.”
🧥 VESTITI
📸 Look teatrale e barocco
L’accessorio è spettacolo puro: occhiali-scultura fiammeggianti, orecchini con limoni pendenti, catene dorate. Tutto è eccesso, eppure armonico. Qui la bellezza non è sobrietà, ma esagerazione controllata, come in un’opera barocca. Gli accessori non accompagnano il look, lo dominano.
“L’ornamento è identità. L’eccesso è una forma di dichiarazione.”
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