Nelle ultime settimane mi è capitato di confrontarmi con tante persone nel settore moda, podcast e più in generale con dei business owner. Ho partecipato a dei panel e a delle mostre interessanti, che al di là del contenuto che veicolavano, mi hanno colpito per il modo di parlare delle persone che vi hanno partecipato. Per come erano sicure e convinte che non ci fosse niente di più utile e competente, rispetto a quello che stavano dicendo loro in quel momento, qualsiasi cosa fosse.
Sulla carta, sappiamo tutte che dobbiamo essere le prime a credere in noi stesse, ma penso proprio che nella pratica, non sia poi così semplice.
A tal proposito ti incollo l’ultima puntata del podcast che racconta la storia di Natalie Beach e Caroline Calloway, assolutamente in linea con quello che sto per raccontarti.
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Come la racconti
La storia di Natalie e Caroline
Muoviti e Vestiti
Come la racconti
Questa settimana ho vissuto due episodi che mi hanno fatto molto riflettere e decidere poi di registrare proprio la storia di Caroline e Natalie.
Primo episodio.
Sto frequentando un corso sull’AI che propone anche un supporto per l’analisi dei propri talenti e invita al confronto all’interno dei partecipanti.
Mi ha subito colpito la presentazione di una ragazza, che ha presentato un’idea ben precisa del suo progetto da sviluppare e con la quale ho alcuni ambiti di competenza comune. Inoltre, questa ragazza mi ha detto di fare la mentor per una mentee e ha subito acceso una lampadina nella mia testa.
Con un po’ di faccia tosta, le ho chiesto se aveva 15 minuti da dedicarmi perché viste le nostre affinità, mi avrebbe fatto comodo (oltre che piacere) avere il suo parere sul mio progetto e magari su possibili sviluppi.
Lei è stata super disponibile e gentile e così abbiamo fissato la nostra call, che è finita in modo diametralmente opposto rispetto a quello che mi ero aspettata; sono stata io ad essere una risorsa per lei e a passarle un contatto utile.
In realtà siamo esattamente sulla stessa barca, ma io (me la) racconto focalizzandomi sulla confusione ed essendo sincera in merito al “non so cosa ne verrà fuori”.
Secondo episodio.
Ho partecipato poi ad un panel in merito al controverso concetto di “moda inclusiva” e indovina un po’? Mi sono ritrovata a soffermarmi su alcuni punti che io non avrei mai pensato di sollevare perché mi sembravano scontati. E invece da là, si è partiti per riflessioni molto più che interessanti ed utili.
Perché quindi me la metto giù così male? Cosa serve per essere obiettivi sul nostro, ma sapersi valorizzare senza vergognarsi di eventuale scivolate? Qual è quel mindset veramente vincente che ti fa richiamare dopo un colloquio, avere l’aumento o ricevere un premio?
La storia di Caroline e Natalie mi ha incuriosito perché da una parte c’è proprio il potere della narrazione e dall’altra l’appropriazione e la consapevolezza del proprio valore.
La storia di Natalie e Caroline
Avete mai sentito quella vocina interiore che vi sussurra che non siete abbastanza? Quella sensazione sottile e persistente di inadeguatezza, che vi spinge ad accettare compromessi, a sottostare a regole assurde imposte da qualcuno che sembra più brillante, più carismatico, più potente di voi? Nei momenti più difficili della nostra vita, quando tutto sembra sfuggirci di mano, possiamo trovarci a prendere decisioni che, a mente lucida, mai avremmo accettato.
A volte, ci convinciamo che il successo di qualcun altro dipenda da noi, che il nostro talento sia solo un'ombra a servizio della luce di qualcun altro.
La storia di oggi è la storia di due donne, Caroline Calloway e Natalie Beach. Due nomi intrecciati in un legame complicato di amicizia, ammirazione, sfruttamento e riscatto. Caroline Calloway, influencer, scrittrice e controversa personalità del web, è diventata famosa non solo per i suoi racconti su Instagram e il suo stile di vita apparentemente magico, ma anche per le accuse di essere una truffatrice. E poi c'era Natalie Beach, la donna che per anni ha lavorato nell’ombra, scrivendo i testi che hanno reso famosa Caroline, senza mai ricevere il riconoscimento che meritava.
Ma questa non è solo una storia di inganni e manipolazione. È anche una storia sulla narrazione di se stessi, su come le parole possano costruire o distruggere un’identità, e su come la percezione della realtà possa essere manipolata per il proprio vantaggio. Caroline Calloway ha trasformato le sue stesse truffe in un brand, ribaltando le accuse e riscrivendo la sua storia come un manifesto della resilienza. Natalie Beach, invece, ha dovuto affrontare il peso di anni di invisibilità, trovando la propria voce solo quando ha deciso di raccontare la verità.
Se vuoi l’ascoltare l’episodio in audio, ti lascio il link.
Per capire chi sia Caroline Calloway, bisogna partire da Instagram, il luogo che ha dato vita alla sua leggenda. Negli anni 2010, Instagram non era solo un social media, ma un palcoscenico dorato dove si costruivano carriere basate su sogni, estetica e autenticità – o almeno l'illusione di essa. Caroline ha iniziato a pubblicare lunghi post sulla sua vita da studentessa a Cambridge, tra antiche biblioteche, amori complicati e un'aura di bohémien moderna che affascinava migliaia di follower. I suoi racconti erano più simili a pagine di un romanzo che a didascalie da social, e questo la rese unica nel panorama delle influencer.
Ben presto, l’attenzione del pubblico si trasformò in opportunità concrete. Caroline ottenne un contratto per un libro basato sulla sua vita, un anticipo di sei cifre che sembrava il coronamento del suo successo. Ma c'era un problema: il libro non esisteva davvero. Dietro le quinte, la sua esistenza online era sostenuta da qualcun altro.
Natalie Beach non era solo un’amica di Caroline, era la sua ghostwriter. Mentre Caroline si costruiva un personaggio di donna indipendente, avventurosa e colta, Natalie passava ore a scrivere i post che alimentavano quella narrazione. Lavorava nell’ombra, migliorando, affinando e rendendo brillante il racconto della vita di Caroline. Non c’era dubbio che Caroline fosse carismatica, ma era Natalie a darle una voce che potesse risuonare con il pubblico.
Il problema era che questa dinamica non era mai stata davvero riconosciuta. Natalie era la confidente, la ragazza che si accontentava delle briciole di celebrità che Caroline lasciava cadere. Per anni, accettò il suo ruolo secondario, soffrendo in silenzio mentre Caroline riceveva tutto il merito e la gloria.
Ma l’inganno non poteva durare per sempre. Quando Caroline ricevette l’anticipo per il libro, si trovò di fronte alla dura realtà: non sapeva scrivere un libro intero, perché non lo aveva mai fatto da sola. L’anticipo venne speso prima ancora che il manoscritto fosse consegnato, e il contratto crollò. Nel frattempo, la sua fama si incrinò ulteriormente con lo scandalo dei workshop fallimentari, eventi che dovevano essere incontri esclusivi per aspiranti scrittori, ma che si rivelarono mal organizzati, con materiali scadenti e promesse non mantenute. La stampa la etichettò come truffatrice, e l’opinione pubblica si rivoltò contro di lei.
E poi, nel 2019, Natalie Beach decise di raccontare la sua verità. Scrisse un lungo articolo per "The Cut", in cui svelò il suo ruolo nella carriera di Caroline, mettendo in luce le manipolazioni, le bugie e il rapporto tossico che avevano condiviso per anni. Il pezzo divenne virale, e per un attimo sembrò che finalmente la giustizia fosse stata fatta. Caroline era stata smascherata.
Ma qui arriva la parte più incredibile della storia. Invece di scomparire sotto il peso delle critiche, Caroline fece qualcosa di inaspettato: trasformò il suo stesso fallimento in una nuova narrazione. Accettò il ruolo della truffatrice, giocò con quell’etichetta e la rese parte della sua identità pubblica. "Sì, ho sbagliato", sembrava dire, "ma guardate quanto è interessante la mia storia".
Da quel momento, iniziò a capitalizzare sul concetto di auto-distruzione consapevole. Creò nuovi progetti, vendette merchandising ironico sul suo stesso passato e continuò a costruire il suo mito personale. La sua capacità di controllare la narrazione divenne la sua arma segreta.
E Natalie? Dopo anni di invisibilità, finalmente aveva trovato la sua voce, ma non la stessa attenzione mediatica. La sua storia era giusta, onesta, autentica – eppure non aveva la stessa capacità di attrarre il pubblico come Caroline. Il sistema premia chi sa raccontarsi, non sempre chi dice la verità.
Forse, la vera lezione di questa storia è che, per quanto talentuosi possiamo essere, se non sappiamo raccontare noi stessi nel modo giusto, rischiamo di rimanere nell’ombra di qualcun altro. E questo, in fondo, è l’errore più grande di tutti.
Muoviti & Vestiti- Leggerezza e intenzione
La rubrica self-improvement che mixa movimento e abbigliamento


✨ Muoviti e Vestiti ✨
C’è una magia nel movimento delle mani: dita che si allungano come radici, braccia che disegnano traiettorie nell’aria. I ballerini, con il loro corpo, raccontano storie invisibili, sospese tra grazia e tensione. Ogni gesto è un respiro, un punto e a capo in una frase mai pronunciata. È come se il tempo rallentasse, e tutto ciò che conta fosse quel momento preciso, quell’istante perfetto in cui il corpo parla senza parole.
Ed è proprio da questa fluidità che nasce l’ispirazione per il look di oggi: due capi che, presi singolarmente, potrebbero sembrare opposti o addirittura privi di senso, ma insieme creano un'armonia sorprendente. La maxi t-shirt nera, con il suo taglio semplice e deciso, incontra la delicatezza del pizzo trasparente, che scivola leggero lungo le gambe. È un gioco di contrasti: il cotone ruvido e strutturato abbraccia la leggerezza del tessuto traforato, mentre gli stivali bold aggiungono quella nota di carattere che non passa inosservata.
La lezione è chiara: a volte basta unire elementi inaspettati per creare qualcosa di unico. Proprio come nella danza, dove un movimento improvviso può trasformare l'intera coreografia, anche nella moda l’audacia nel mixare capi diversi può riscrivere completamente la narrazione del proprio stile.
Muoviti con leggerezza, vesti con intenzione. 🖤